Lettera sul dolore
Carissimo,
grazie per la fiducia che mi doni nel raccontarti in questo momento così provato per te e per la tua famiglia.
Mi chiedi il perché di questa sofferenza così intensa, in cui non sembra baluginare alcuna speranza.
Perché c’è il dolore?
L’ho chiesto a Dio e lo chiedo, non te lo nascondo, perché il fatto di essere suora né mi anestetizza dal dolore, né mi fa avere le risposte pronte a tutto.
Il male è male, e vedere soffrire una persona cara è forse ancora più doloroso che soffrire in prima persona, perché ti senti impotente: vorresti fare qualcosa, ma, pur arrabattandoti in tanti modi, a un certo punto capisci che c’è una soglia sulla quale devi fermarti. Io sono arrivata fin qui con i miei perché e mi sono balenate davanti le due alternative possibili: vivere questi fatti con rabbia, o viverli come mistero che ha un senso all’interno di un disegno più grande. Io sento che è quest’ultima la strada da percorrere, e mi fido e mi affido al Signore, che abita il nostro dolore, colorandolo non di rassegnazione, ma di speranza, anche se talora non è facile…
Ho un secondo pensiero che voglio condividere con te. Ho avuto modo di sperimentare più volte che la malattia, pur essendo fondamentalmente un’esperienza dolorosa, ci offre tuttavia l’opportunità di fermarci a riflettere sul senso della vita, aiutandoci a coglierla in tutto il suo spessore. Tante domande che forse non ci si farebbe mai vengono ad abitarci il cuore quando il dolore lo attraversa. Domande di cui ci sembra di poter fare a meno quando va tutto bene, ma io non credo che la vita sia vera e consapevole finché non ci si confronta con le domande ultime. Perché esisto? Cosa dà senso alla mia vita? Cosa mi rende felice? Dove sto andando?… Non so tu, ma io finché non sono stata “costretta” a fermarmi da una malattia a 20 anni, non avevo mai riflettuto su tutto ciò, e posso dirti che ringrazio tanto il Signore che attraverso quella prova mi ha dato il tempo di misurarmi con me stessa e con Lui, trovando nella malattia un antidoto, misteriosamente prezioso, contro la superficialità, e contro il rischio di correre sempre, vedendo tutto, ma non guardando, sentendo tutto, ma non ascoltando, incontrando tanti, ma non relazionandomi veramente.
Finisco qui. Mi rendo conto che ti ho offerto solo dei semplici pensieri e nulla più, scusa!
Porto tutto e tutti nella preghiera, con la certezza che tutto e tutti sono nel cuore di Dio.