«Tu chi dici che io sia?»
Gesù è, in un certo senso, un antesignano dei sondaggisti, come dimostra l’episodio riportato dai vangeli sinottici (Mt 16,13-16; Mc 8,27-30; Lc 9,18-21), nel quale interpella gli apostoli per sapere cosa la gente pensasse di lui. Non è che gli prema di misurare il livello della sua “audience”, quanto piuttosto di verificare quanto i discepoli hanno colto della sua identità.
In effetti i Dodici ne hanno sentite tante sul loro Maestro: c’è chi lo ritiene Giovanni Battista, chi Elia, chi un altro dei profeti. Non si può dire che egli non sia popolare, visto che tutti si sono fatti un’opinione su di lui…
Però, c’è un “ma”, perché a questo punto Gesù chiede: «Ma voi chi dite che io sia?». Gesù provoca i suoi ad una risposta che sia diversa rispetto a quella dell’opinione pubblica, una risposta più intima, più personale, non condizionata dal sentito dire, ma frutto della loro conoscenza e del loro amore.
E in effetti la risposta di Pietro, che si fa portavoce di tutti, va in controtendenza ed è un vero salto mortale nel mistero: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Egli fa una sintetica professione di fede, che coglie non solo la straordinarietà di Gesù, ma anche la sua unicità, lasciandosi guidare da un’illuminazione divina.
Dopo Pietro tanti si sono lasciati interpellare da questa domanda, perché il cammino di fede non può prescindere da essa. Non si può essere cristiani senza un rapporto personale con il Signore, senza dirsi chi è Lui per me, e chi sono io per lui.
Ogni risposta, però, suona vuota, se non tocca la mia vita, se non esprime quanto mi sono messo in gioco con lui e per lui. Perciò, non si tratta tanto di consultare il catechismo, o altri libri (anche se questo mi aiuta ad approfondirne sempre più la conoscenza), ma ciò che di Lui porto scritto dentro di me.
Infatti Cristo non è ciò che dico di lui, ma ciò che vivo di lui; non le mie parole, ma la mia passione…
Lasciamoci interpellare anche noi dalla domanda di Gesù: «Ma tu, chi dici che io sia?»